Riflessioni ad alta voce
Ieri ho letto un articolo che è stato fonte di ispirazione e riflessione. Il titolo dell’articolo è “La plastica è (ancora) indispensabile. E l’epidemia lo dimostra.” [di Nicolò Brighella del 09 aprile 2020 pubblicato su www.videodromenews.com] Si fa riferimento all’uso delle mascherine, dei guanti in lattice e tutto il materiale monouso utilizzato per circoscrivere la diffusione del COVID-19. Ad un certo punto dell’articolo, si pone la domanda: “Senza la plastica quali strategie avremmo potuto utilizzare in questa situazione?”
Mi torna in mente quella famosa affermazione: “A volte le giuste domande sono più importanti delle risposte.” Da tempo stiamo promuovendo la sostituzione dei prodotti in plastica e in particolare dei monouso per diminuire la quantità di rifiuti. E ora si riaffaccia il problema di come e se sia possibile sostituire mascherine e guanti monouso
Da giorni sul web girano foto di spiagge, strade, parchi e del nostro amato mare pieno di mascherine e guanti abbandonati. La maggior parte di questo materiale è fatto di plastica non riciclabile. La Cina, così come gli Stati Uniti, hanno messo in produzione miliardi di mascherine monouso per la maggior parte realizzate in poliestere o polipropilene. MILIARDI. Quando ho realizzato il quantitativo mi è venuta la pelle d’oca. Ovviamente non finirà tutta nel mare o sulle spiagge. Molte saranno bruciate, mentre altre resteranno per decenni nelle discariche.
Io non ho una soluzione a questo problema, mi ha solo aperto a tutta una serie di riflessioni a catena. Sentiamo da anni ormai che l’acqua potabile è preziosa e non va sprecata. Immagino i “quintali” di acqua che vanno via per lavarsi le mani tanto frequentemente. Hanno fatto vedere come vanno strofinate accuratamente le mani e che bisogna contare fino a venti, ma nessuno ha fatto notare che bisogna chiudere il rubinetto in quei 20 secondi. E poi quali tipi di sapone sono utilizzati? Quanti di questi saranno ecobio? Stiamo a casa e quindi puliamo di più, quanti detersivi in più stiamo utilizzando? Se ci si sofferma a pensare solo 5 minuti arrivano nuove domande.
Stiamo combattendo un virus la cui origine è legata alle attività di sfruttamento intensivo dell’uomo e stiamo continuando a inquinare ogni giorno, anche senza uscire di casa. E mi sono chiesta come ne usciamo allora? Non c’è più speranza?
Sarei tentata di finire l’articolo in questo modo, anche perché il titolo introduce semplicemente ad una serie di riflessioni lasciando al lettore la possibilità di rispondersi. Ma continuo ancora un po’, curiosa di vedere dove mi porteranno i miei pensieri.
I quesiti ci servono per attivare la mente, quell’organo che si trova tra le due orecchie. La questione non riguarda più solo la plastica, ma tutto il nostro stile di vita. Non c’è un’unica soluzione, ma molteplici soluzioni. E nessuna di queste sarà semplice. La parola d’ordine sarà cambiamento. Lo stile di vita attuale non è compatibile con gli ecosistemi. Siamo tanti, c’è chi dice anche troppi. Il nostro pianeta ha la capacità di auto-rigenerarsi e ripristinare l’equilibrio, quindi se siamo troppi lo scopriremo presto.
La domanda che dobbiamo iniziare a farci è: abbiamo davvero bisogno di tutte le cose di cui ci circondiamo per la nostra sopravvivenza? Davvero? Molti a questo punto diranno, ma se non compriamo più, le fabbriche inizieranno a chiudere e ci sarà tanta disoccupazione. Giusto. Qui arriva un’altra domanda: quanto avete speso in quest’ultimo mese? Vi serve davvero tutto il denaro al fine della sopravvivenza? Controbattuta: “Non si vive di solo cibo”. Giusto. Ma in questo periodo di chiusura cosa vi è mancato più di tutto? Il vestito alla moda? Oppure andare a fare una passeggiata al mare, abbracciare le persone a cui si vuole bene, una serata in compagnia di amici. Quanto costano queste cose?
Il cambiamento a cui mi riferisco è una completa ristrutturazione della propria vita e dei propri bisogni. Passeremo un periodo difficile, forse molte attività commerciali chiuderanno, forse potremo perdere il lavoro, forse non ci potremo comprare il cellulare di ultima generazione. Ma potremo sempre avere quell’abbraccio di cui ora sentiamo tanto la mancanza.
Questa è solo una libera interpretazione della situazione, nulla è stabilito, tutto è ancora da costruire. Quindi ti chiedo: qual è il mondo in cui vuoi vivere? E a cosa sei disposto a rinunciare o a fare perchè il cambiamento avvenga? Farsi le domande giuste a volte è più importante delle risposte.
Articolo di Simona Di Giorgio