L’industria della plastica torna all’attacco.
Con la domanda di gas e petrolio che scende ai minimi storici a causa del blocco delle attività produttive e dei trasporti imposto dalla pandemia globale, le lobby del petrolchimico spingono l’acceleratore sulla produzione della plastica.
Mentre il pianeta affoga letteralmente nei rifiuti plastici infatti, i grandi produttori di plastica del mondo, legati a doppio filo con l’industria estrattiva di petrolio e gas, dalla cui lavorazione la plastica è ottenuta, non si fanno scrupoli a utilizzare la crisi sanitaria globale come pretesto per continuare a incrementare la produzione e sommergerci indisturbati.
I produttori della plastica al bivio del coronavirus
Sia negli USA che in Europa, dove si concentrano le fiorenti industrie di produttori e convertitori della plastica, aumentano le pressioni sulle rispettive istituzioni politiche per un allentamento o una sospensione dei bandi introdotti sulla plastica monouso (in particolare su posate, piatti, bastoncini cotonati, cannucce, mescolatori per bevande, etc).
Le ragioni addotte a tali richieste sarebbero le “indiscutibili” garanzie di igiene e sicurezza che i materiali plastici offrono ai consumatori in un momento in cui la salute pubblica è la priorità di tutti.
Premettendo che il bando della plastica monouso non riguarda affatto i dispositivi sanitari, evidenze scientifiche hanno mostrato che il coronavirus può resistere sulla plastica fino a 3 giorni, mentre in genere su altre superfici resiste poche ore. Non si capisce quindi come la plastica possa essere un valido strumento di contenimento del virus.
L’impressione è che il loro interesse è piuttosto quello di salvaguardare l’esistenza del loro business continuando a generare enormi profitti a danno della salute di tutti e del pianeta.
E intanto in Italia si rimanda la plastic tax
Mentre l’Italia dovrà tradurre entro un anno in legge nazionale la direttiva europea sul bando di alcuni articoli di plastica monouso che infestano i nostri mari, è notizia di questi giorni la volontà di prorogare al 2021 l’entrata in vigore della plastic tax, la tassa sulla plastica monouso introdotta per scoraggiarne produzione e utilizzo. Non certo un segnale positivo: non deve passare l’idea che a causa della crisi sanitaria ed economica, le misure per il contrasto all’inquinamento ambientale e i cambiamenti climatici vadano in secondo piano.
In un momento in cui anche il sistema di gestione dei rifiuti degli Stati è sotto pressione a causa della situazione pandemica, è imperativo continuare nel senso della riduzione dei rifiuti.